Il primo passo è l’ascolto
Profili da studiare. Come il buon poliziotto ascolta il testimone oculare, io devo ascoltare chi ho di fronte che in qualche modo è…testimone oculare di sé stesso o della squadra in cui si muove.
Fare domande, comprendere ogni dettaglio, anche il più insignificante, per capire che cosa può risultare utile, è non solo un dovere deontologico per me ma anche una necessità. Colloqui, interviste preliminari mi aiutano ad inquadrare il caso. In quale contesto mi trovo? Perché il mio interlocutore ha bisogno di comprendere il proprio profilo o quello altrui? I casi possono essere molto diversi tra loro, ci sono particolarità individuali o del team che devo capire molto bene.
Senza questa fase di ascolto, non riuscirei a comprendere un ingrediente fondamentale dell’individuo o del team che ho di fronte: la strategia personale, la sua visione, la direzione che vuole prendere o quella che ha smarrito.
L’identikit del singolo individuo
Nella mia carriera di consulente e profiler ho accumulato una casistica molto articolata che continuo ad aggiornare ancora oggi. Non ho disperso niente e imparo ancora oggi molto dalle esperienze che vivo sul campo. Ad esempio, iniziare con i colloqui è molto importante. Questa è una modalità che uso quando lavoro in personal training con il singolo.
Quando si parla di crescita ci si riferisce alla conoscenza e sviluppo dell’individuo dal punto di vista personale e sociale. Le nostre aree di equilibrio sono infatti quattro: personale, affettiva, professionale e sociale.
La crescita personale è un percorso che parte dalla consapevolezza, dall’essere complici di noi stessi. Conoscere i propri punti di forza, le aree di miglioramento, i rischi e le opportunità, in quella che io chiamo modello S.W.O.T. personale, è il punto di partenza per uscire dalla propria area di comfort e iniziare un percorso di cambiamento. Il punto di partenza è la nostra motivazione: vogliamo crescere? Per questo devo comprendere il profilo della persona che ho di fronte.
L’identikit del team
Le dinamiche di analisi dei profili in un team non sono dissimili dal one to one, se non per la differenza numerica.
ESEMPIO CASO A – Il team è in fase di sviluppo o di consolidamento? Questo fattore cambia per esempio radicalmente la scelta di un profilo da inserire. E io ho bisogno di ascoltare tutti. Mi serve un profilo che gestisca l’esistente oppure mi serve un uomo di sfondamento che deve aprire una fase del tutto nuova? Si deduce che parliamo di profili molto diversi tra loro.
ESEMPIO CASO B – Altro fattore molto importante in un team è analizzare il profilo dell’allenatore prima che arrivi il giocatore. E’ fondamentale che un campione sia affidato ad un bravo ed esperto allenatore mentre un giovane potrebbe, dico potrebbe, essere affidato ad un allenatore con caratteristiche diverse. Anche qui capire il profilo dell’allenatore e del giocatore è molto utile.
ESEMPIO CASO C – Di solito nei team analizzo prima la squadra esistente. Un campione, per esempio, può disturbare e alterare gli equilibri perché la squadra può risentire della sua personalità oppure ho una squadra di gregari che con un dominante si potrebbero sentire più sicuri?
ESEMPIO CASO D – Altre case histories mi conducono all’analisi del fattore di equilibrio umano. In un gruppo di soli profili femminili le case histories mi dicono di inserirne uno maschile, al contrario in un gruppo o reparto di soli uomini in alcuni casi si è rivelato utile inserire un profilo femminile. Questi fattori mutano l’atteggiamento e le abitudini di tutto il team.
Sostituzioni e spostamenti di ruolo
Una delle applicazioni più importanti della mia attività di profiler è l’analisi preventiva del team: le persone esistenti sono nel posto giusto oppure qualcuno gioca fuori ruolo? La dinamica del fuori ruolo è molto frequente nei team sportivi dove per esigenze tattiche, gli atleti si devono a volte adeguare a giocare fuori dalla loro posizione naturale.
Nelle aziende si può vivere una dinamica simile ma con una differenza importante: l’inconsapevolezza. Il manager o l’imprenditore non sempre è consapevole del potenziale dei propri uomini. Ecco che, allora, una etica e trasparente attività di studio dei profili può risultare utile a comprendere come migliorare le performance dell’intera squadra, riposizionando i player.
Il mio identikit fatto di buon senso
C’è un ingrediente che non può mai mancare in questa delicata fase del mio lavoro: il buon senso. L’esperienza, gli errori da cui ho imparato e le veloci mutazioni della “macchina umana” mi costringono a stare sempre con i piedi per terra e a non dimenticare mai che di fronte ho una persona, con una propria storia, un presente e un futuro a cui devo portare rispetto: questo è un valore che devo portare sempre con me, in ogni momento della mia vita, se voglio dare un senso ad un modo diverso di essere Human Resource manager.
Contenuti correlati
Leggi Io che disegno identikit chiamati profili – Prima Parte. Clicca qui.
Leggi pagina HR Manager e formazione. Clicca qui.
Scopri l’Analisi S.W.O.T. Clicca qui.
Commenti recenti