Dal mio arrivo a Bologna, nel 1984, ho abitato per molto tempo ai piedi della Basilica di San Luca, uno dei simboli della città di Bologna. E ancora oggi vivo da quelle parti.
Nei miei ricordi di infanzia ci sono i tanti viaggi in auto che, con la mia famiglia, facevamo da Verona a Reggio Calabria, in occasione delle vacanze estive. Bologna era chiaramente uno snodo obbligato del viaggio per il Sud. Non vedevo l’ora di passare in autostrada da Bologna e, dal finestrino, commentare con i miei genitori e mia sorella, il lungo porticato e la Basilica di San Luca.
Per me, è, ancora oggi, uno dei riferimenti importanti. Qualche tempo fa, nel rivedere un grande film di Spielberg del 1977, Incontri ravvicinati del terzo tipo, ho creato una mia associazione d’idee.
Incontri ravvicinati del terzo tipo
Ho capito che, per me, i portici e la Basilica di San Luca esercitano lo stesso fascino e la stessa attrazione che nel film le persone provavano per la montagna sacra del Wyoming chiamata la Torre del Diavolo, ricordate?
Nel corso del film il professor Lacombe e i suoi assistenti si rendono conto che i testimoni raccontano tutti di aver sentito, durante gli incontri, una particolare sequenza di note musicali emessa dagli UFO, uguale in tutti i casi.
Ulteriori indagini ed elaborazioni traducono tali note in precise coordinate, che, secondo Lacombe, sono le coordinate geografiche del luogo in cui le entità extraterrestri vorrebbero incontrarsi con l’umanità. Il luogo corrisponde alla Torre del Diavolo, nel Wyoming.*
Si decide allora di isolare la zona e prepararsi all’eccezionale evento. I telegiornali, riportando tale notizia, mostrano la Torre del Diavolo, la cui forma è proprio quella che compare nell’immagine ed ossessiona molti di coloro che hanno avuto esperienze di incontri ravvicinati. Queste persone, vedendo la montagna, intuiscono di doversi assolutamente recare in tale luogo.
E’ sempre stato così per me. Ho sempre sentito di dovermi recare a San Luca, come fosse un mio personale incontro ravvicinato del terzo tipo.
Il portico più lungo al mondo
Il santuario della Madonna di San Luca (San Lócca in bolognese) è una basilica dedicata al culto cattolico mariano e si eleva sul colle della Guardia, uno sperone in parte boschivo a 280 m s.l.m. a sud-ovest del centro storico di Bologna.
È un importante santuario nella storia della città, fin dalle sue origini meta di pellegrinaggi per venerare l’icona della Vergine col Bambino detta “di San Luca”. Il santuario è raggiungibile da porta Saragozza attraverso una lunga e caratteristica via porticata, che scavalca via Saragozza con il monumentale Arco del Meloncello (1732) per poi salire ripidamente fino al santuario.
Il portico consta di un numero di archi fra i 658 e i 666 (a seconda del metodo di conteggio) e di 15 cappelle. Con i suoi 3.796 m risulta essere il portico più lungo al mondo.
Il tratto in pianura, che va dall’Arco Bonaccorsi (antistante porta Saragozza) fino a quello del Meloncello, è composto da 316 arcate ed è lungo 1,52 km. Il tratto collinare, dal Meloncello al Santuario, è composto da 350 arcate, fra cui 15 cappelle con i Misteri del Rosario, poste a cadenza regolare (circa ogni 20 archi) ed è lungo 2,276 km. Il portico è punteggiato di lapidi ed epigrafi commemorative di varie epoche, con fine devozionale (ex voto per grazie ricevute), oppure ad espressione di gratitudine per donazioni.
Il magico richiamo
Ogni volta che sento il bisogno di riordinare le idee e i pensieri salgo a San Luca. In genere mi sfido camminando o correndo nel tratto che va dal Meloncello al Santuario, lungo, appunto, 2, 276 Km.
Non è raro, tuttavia, che in alcune circostanze il mio percorso sia quello lungo da Arco Bonaccorsi alla Basilica, 3, 796 Km.
A seconda del periodo programmo l’attività, che varia tra camminate, corsa e bicicletta oppure, preferibilmente, tutto si concentra in un misto di queste tre tipologie.
Il benessere che ne deriva è impagabile, non solo dal punto di vista atletico e sportivo ma sotto il profilo mentale e psicologico. Dopo poche decine di metri è come se la mente si aprisse e sgorgassero fuori idee, analisi e intuizioni.
Credo che la mia mente negli anni si sia allenata a questo. San Luca era lì quando ho dovuto scegliere, quando ho dovuto rialzarmi da sconfitte, quando ho dovuto superare la malattia. Ogni volta quel portico e quella salita mi aspettavano e io sentivo che ne avrei tratto beneficio, sapevo che una volta disceso nel viaggio di ritorno, sarei tornato a casa con qualche spunto utile alle mie decisioni personali e professionali.
Il mio percorso personalizzato
Tornerò, certamente, con post dedicati ai percorsi e alle attività di training che il portico e la salita alla Basilica possono regalarci.
Per ora è importante ricordare che il percorso Porta Saragozza, Meloncello, Basilica di San Luca regala personalizzazioni e possibilità di obiettivi performanti per tutte le età, a partire dalla più semplice camminata. Non a caso, il percorso è spesso prescelto da preparatori atletici di società amatoriali, dilettantistiche e professionistiche per i ritiri estivi o i richiami della preparazione.
Cenni di sport
La strada che corre parallela al porticato di San Luca, nel tratto in salita, è stata spesso affrontata da corse ciclistiche. In particolare, negli ultimi anni costituisce la difficoltà finale del Giro dell’Emilia, che la percorre per quattro volte. Nel lontano 1956 invece vi si è svolta una cronoscalata del Giro d’Italia (vinta da Charly Gaul); poi nel 1984 vi è stato posto l’arrivo di una tappa in linea del Giro d’Italia (vinta da Moreno Argentin). Ancora nel 2009 il Giro d’Italia del centenario ha toccato San Luca in occasione della 14ª tappa, vinta da Simon Gerrans. La salita di San Luca è stata la grande protagonista del crono-prologo del Giro d’Italia del 2019 a cui ho assistito con grande emozione e partecipazione da un punto affollato vicino all’Arco del Meloncello.
La salita e la discesa
La salita inizia al Meloncello (55 m s.l.m.): da qui al santuario sono circa 2 km, con una pendenza media del 10,8% e massima intorno al 18%. Il tratto più ripido si incontra a metà salita, poco dopo il punto in cui la strada passa sotto il colonnato (la curva è nota come delle orfanelle, in quanto antistante a un ex orfanotrofio femminile). La quota di arrivo è di 270 m s.l.m. mentre il dislivello è di 215 m.
Si può salire al santuario anche per la strada che ascende per il lato opposto del colle (via Casaglia da villa Spada). Questo versante è più lungo, ma decisamente più agevole. Ne parleremo in altre occasioni di confronto tra i due percorsi. Intanto, ci preme ricordare che dal 1977 si corre la gara podistica internazionale su strada Casaglia-San Luca. Il percorso risale il colle della Guardia per la via di Casaglia, raggiunge il santuario e ridiscende il colle fiancheggiando il porticato storico. La gara, disputata di notte, copre un percorso di 10,2 km, con un dislivello massimo in salita di 376 m s.l.m. e in discesa di 385 m.
Il mio maestro di running
Proprio quest’ultima sfida affrontata sia di corsa che in mountain bike è uno dei miei ricordi più belli. Fu uno dei miei maestri di corsa, Vito Melito, a istruirmi su questo percorso di 10 km. Lo ricorderò, prima o poi, in un post dedicato, ora che ha lasciato questo mondo, per correre e vincere ancora una volta la sua ennesima ultra maratona nei cieli.
* La Torre del Diavolo (in lakota: Mato Tipila, che significa “Torre dell’Orso”, in inglese: Devil’s Tower) è una montagna del Wyoming (Stati Uniti) alta 1.588 m s.l.m. e 386 metri sul terreno circostante. Deve il suo nome ad una spedizione del 1875, quando il Col. Dodge, interpretando come “Bad God’s Tower” il nome dato dai nativi americani alla montagna, iniziò a chiamarla Torre del Diavolo.
La montagna rappresenta sicuramente uno dei paesaggi più caratteristici, tanto che attorno è stato fondato l’omonimo parco nazionale, meta di circa 400.000 visitatori l’anno. È diventato familiare al grande pubblico grazie al film Incontri ravvicinati del terzo tipo del 1977 di Steven Spielberg. Il 24 settembre 1906 la montagna fu dichiarata monumento nazionale (il primo in assoluto degli USA) dall’allora presidente Theodore Roosevelt. Il picco è sacro per i Lakota, i Cheyenne e i Kiowa, che considerano un sacrilegio le scalate compiute da molti turisti.
Commenti recenti