Com’è nata la mia educazione allo sport? Nel giorno del mio cinquantanovesimo compleanno e del secondo di questo blog (nato il 19 agosto 2021), mi sono posto questa domanda, stimolato dalla curiosità di guardarmi dentro, di mettere mano ai ricordi per cercare di comprendere quando e come è nata la mia mentalità sportiva.
Facendo questo percorso all’indietro, ho riscoperto i valori e l’educazione sportiva che mi hanno dato i miei genitori. Sì, ho messo a fuoco il ruolo “sportivo” di mio padre e mia madre. Con molte sorprese, tante riflessioni e un po’ di commozione.
Geni o educazione allo sport fin dall’infanzia?
I geni giocano un ruolo importante nella predisposizione allo sport, ma non sono l’unico fattore determinante. La genetica può influenzare diverse caratteristiche che sono rilevanti per le prestazioni sportive, come la composizione muscolare, la capacità aerobica, la forza, la resistenza e la velocità. Tuttavia, è importante sottolineare come la genetica interagisca con numerosi fattori ambientali come allenamento, stile di vita e motivazione, che possono avere un impatto significativo sulle capacità sportive di una persona.
Alcune persone possono essere geneticamente predisposte ad avere determinati vantaggi, come una maggiore quantità di fibre muscolari veloci, che possono essere adatte per attività che richiedono scatti rapidi o esplosività, come sprint o sollevamento pesi. Altre persone potrebbero avere una maggiore capacità aerobica grazie a una migliore efficienza nell’utilizzo dell’ossigeno, adatta per sport di resistenza come la corsa a lunga distanza o il ciclismo.
È importante ricordare che molti aspetti delle performance sportive sono condizionate anche dalle scelte individuali e dal contesto in cui una persona cresce e si forma, soprattutto nei primi 6/7 anni di vita. Quindi, mentre i geni possono fornire una base, il risultato finale dipende da come si sviluppa e si coltiva quel potenziale attraverso la cultura che il bambino riceve, fin dall’infanzia.
Mio padre: il mio primo educatore sportivo
I primi ricordi di infanzia, credo di andare indietro ai miei primi sei o sette anni di vita, sono legati alla figura di mio padre. La sua figura è stata fondamentale sotto due aspetti: il primo legato alla mia crescita fisica, il secondo alla nascita in me della passione sportiva.
Nel primo caso, ricordo le estati in Calabria al mare. Il mare è stato per me divertimento ma soprattutto fortificazione del fisico. Da piccolo avevo sempre problemi alle vie respiratorie, mi ammalavo spesso, febbre e tosse erano miei compagni di viaggio. Quindi, con puntualità ad ogni estate, i miei mi “impacchettavano” e mi spedivano tre mesi sulle spiagge calabresi.
Mare e buona cucina grazie a mia madre
Mio padre, senza crearmi ansie da prestazione, di fatto è stato il mio primo preparatore atletico. Ricordo me bambino sepolto in buche di sabbia calda, da cui usciva solo la mia testolina. Era un gioco ma, senza che io mi accorgessi, il calore della sabbia faceva bene alle mie ossa. Impacchi naturali che oggi vanno di moda ma che, allora, a costo zero, sono state la mia cura. Certo la sabbia era bollente ma che benessere a pensarci. Poi lunghe passeggiate sulla riva del mare, qualche scambio con una palla e bagni a non finire.
Nel giro di qualche anno, sono rinato, grazie anche ad una madre che mi ha educato ad ogni tipo di carboidrato, proteina e frutta, con sapienza, senza aver studiato ma con il buon senso. Sì, oggi posso dirlo, mio padre è stato una sorta di preparatore atletico, mia madre una nutrizionista ante litteram della dieta mediterranea.
La nascita della passione per il calcio
Mio padre è stato anche il vettore della passione sportiva. Le domeniche allo stadio sono state l’innamoramento verso lo sport e il calcio. C’è un avvenimento preciso che non scorderò mai ed è il primo ricordo sportivo della mia vita: lo scudetto del Cagliari, nel 1970, esattamente il 12 aprile 1970. Che cosa c’entro io con il Cagliari, nato a Verona, di origini calabresi? La risposta si chiama Gigi Riva, l’idolo dei miei sogni da bambino, l’attaccante che avrei voluto essere, quello che imitavo nei miei giochi da bimbo.
La meravigliosa maglia del Cagliari con il numero undici sulle spalle è ancora da qualche parte, gelosamente nascosta da mia madre nella casa natale. Avrei voluto far vedere la foto della mia magliettina di Riva in questo articolo; a riguardarla oggi è un coriandolo piccolo piccolo che fa tenerezza, mia madre ancora oggi nega di averla: so che un giorno magicamente spunterà fuori da qualche cassetto a doppio fondo. Che meraviglia quella maglia, con i cordoli sul colletto!
Ecco questa foto di Gigi Riva detto Rombo di Tuono rappresenta la nascita della mia passione. Quindi, posso dire che più che i geni, poterono l’allenamento, la crescita fisica e la nascita di una forte passione verso uno sport. Una buona educazione ad una vita sportiva, abbinata ad una alimentazione adeguata, mi costruirono il fisico fin da bambino e la mente ben disposta all’importanza dello sport.
I tentativi sportivi di mia madre fino ai cinque anni
Il ricordo delle lotte emotive e fisiche con mia madre è nitido. Io avevo in testa solo il calcio, lei era in questo più moderna. Il primo tentativo lo fece con il nuoto. Di mezzo, c’era sempre la questione legata alle vie respiratorie, quindi era determinata a buttarmi in piscina, con corsi e maestri di nuoto. Non funzionò perché abbandonai ancor prima di iniziare, poi in questo, riconoscendo il mio errore, recuperai qualche anno più tardi. Considero il nuoto una meravigliosa attività psico-fisica.
Nonostante il fallimento del progetto nuoto, io continuavo a sgambettare e a mostrare le mie predisposizioni sportive. Il secondo tentativo mia madre lo fece con la ginnastica artistica, altra splendida disciplina sportiva e olimpica. Un giorno vennero a suonare a casa mia allenatori e dirigenti della federazione ginnastica artistica che mi avevano visto a scuola. Avevo credo 5 anni, anche in quell’occasione il mio rifiuto fu netto. Non ne volli sapere di intraprendere quella strada.
Allo stesso modo andò con l’atletica, anche se lì avevo già 7 anni. Il mio maestro di educazione fisica mi iscrisse ai giochi della gioventù e vide in me qualità legate allo sprint e al salto in lungo che a me non dispiaceva. Nulla, io volevo diventare Gigi Riva e a 8 anni, come racconto nella pagina Curriculum Commentato, entrai nella mia prima squadra pulcini.
Conclusioni
L’esperienza personale può insegnarci molto. Cerchiamo di ascoltare i nostri ragazzi, sanno già tutto, basta solo accompagnarli. Io oggi ho una figlia che è l’antitesi dello sport, non lo ama e dall’infanzia ha mostrato talento per la musica, la composizione di canzoni e l’arte. In quegli anni ho preso coscienza, appunto, delle sue attitudini artistiche. Non nego il dispiacere “sportivo” ma era giusto così, lasciarla creare, crescere e prendere altre strade. L’importante è che sia felice.
Anche i miei genitori hanno fatto tentativi, in particolare mia madre, poi hanno cercato di ascoltarmi e mi hanno assecondato, lasciandomi provare con il calcio.
Per quanto riguarda me, invece, non sono diventato Gigi Riva ma i miei studi e il mio percorso professionale mi hanno consentito di rientrare nello sport per sviluppare progetti di mental coaching, analisi e sviluppo attitudini del potenziale umano, di giovani atleti in particolare e di lavorare con allenatori di calcio professionistici. Inoltre, a 59 anni pratico ancora sport con frequenza intensa e cerco di vivere una vita sportiva.
Questo doppio compleanno, il mio e quello del blog, lo voglio, dunque, dedicare a mia madre e a mio padre che con spontaneità, attraverso tentativi, senza supporti o studi specifici, mi hanno spinto verso la cultura dello sport.
Se oggi il progetto La mentalità sportiva esiste è anche per merito di tutte quelle corse lungo la riva del mare, di quelle buche nella spiaggia costruite per potenziare i miei polmoni e di tutti i tentativi sportivi falliti di mia madre. Alla fine tutto questo ha dato un frutto importante: acquisire i sani valori dello sport e costruirmi una mentalità orientata al benessere.
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Paolo
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