(Continua)… Senza accorgermene, ero già uscito dalla mia zona di comfort ed entrato in quella di stress o di paura, la zona in cui tutto è nuovo e sei di nuovo un principiante. Questo accade nello sport, nella vita quando ci si separa, con un nuovo lavoro, nel ricominciare da zero quando ci si mette di nuovo in discussione.
Andare avanti o restare dove si è? Fare una scelta radicale o un mezzo pastrocchio di compromesso dove si cambia tutto per non cambiare nulla? Chi mi conosce sa che non ho mai avuto mezze misure e il mio maniacale perfezionismo è soprattutto desiderio di migliorarmi. Quindi scelsi il Padel.
Fu una scelta, inizialmente, solo emotiva che mi portò in zona di stress. Poi, in un attimo, iniziai a mettere in fila le cose da fare.
Sono in zona di stress ma ci voglio stare poco
La prima cosa che ho fatto è stata fermarmi a pensare. Se è vero che la zona di comfort è la zona rassicurante, di solito la zona di stress è la zona in cui la persona si sente a disagio, inizia a guardarsi intorno e spesso si giustifica se le cose non vanno.
Molti esperti di comfort zone associano la zona di stress al disagio e basta, io ci ho sempre visto anche una zona di consapevolezza. Dipende dalla maturità e dal senso di responsabilità dell’individuo. In sostanza, non è detto che tutti provino disagio, alibi e paure. Lo sport mi ha sempre formato e aiutato a non avere cultura dell’alibi, cioè niente fattori esterni, concentrato solo su di me e sulla squadra. Posso dire che per me il passaggio in zona di stress è stato legato al ripartire daccapo più che alla paura. Ero davvero consapevole della novità e subito tracciai cinque valori della mia zona di stress (o di consapevolezza):
- Zero alibi (non cercare scuse, dando colpe ad altri o altro!)
- A padel non sei nessuno (come dovrebbe essere in qualsiasi attività nuova che iniziamo
- Riparti con un bel reset
- Non pensare o soffrire la mancanza di risultati (devi imparare, non vincere!)
- Tanta umiltà (vola basso, sei nuovo del settore!)
Dipende da noi quanto tempo stare in zona di stress, se tornare indietro, se iniziare una cosa e mollarla poco dopo. Senza rendermi conto, stavo già viaggiando verso la zona di apprendimento, la mia vera meta.
Primo step. Cercati un maestro!
A Bologna (e non solo), quando si parla di Padel, il primo nome è il suo: Giovanni Toni, un pioniere di questo sport. In Emilia-Romagna parlare di padel è come tornare indietro nel tempo.
Proprio da qui, trent’anni fa, nacque la Federazione Italiana Gioco Padel e le prime strutture che iniziarono, dopo Vicenza, a montare campi. Bologna fu il motore di questo sviluppo e in particolare il Tennis Club Aeroporto, che nel 2000 montò i primi due campi in muratura. Al TC Aeroporto si svolse il primo corso istruttori e addirittura da questo club portarono il campo per le finali del Foro Italico negli anni 2007-2008.
Quando chiesi in giro dove potevo trovare un bravo maestro di Padel, il nome era solo uno: Giovanni Toni.
E così iniziai la mia nuova vita da principiante con lui!
Ero in zona di apprendimento o Learning Zone in cui impari nuove cose, affronti problemi nuovi, accresci le tue competenze e capacità, studi e ti formi. In sostanza, ti fai nuovo, con grande impegno e determinazione, senza mollare per non correre il rischio di tornare indietro.
Le mie prime lezioni
La mia prima lezione o direi le mie prime lezioni furono un disastro. Pronti e via, tre lisci senza prendere la palla. Forse per essere più onesti, le mie prime lezioni con le mani furono un disastro.
L’impugnatura, i movimenti e i piegamenti delle gambe che, pur essendo allenato, non mi venivano naturali, il mio braccio che non si allungava. Sembravo di legno, rattrappito. Per almeno tre mesi i miglioramenti significativi furono davvero minimi per i miei obiettivi.
Secondo step. Non pensare ai risultati delle partite!
In fase di apprendimento è importante la mentalità corretta: non guardare ai risultati dei punteggi in partita. Uno degli aspetti meno educativi (anche se capisco che sia affascinante) è buttarsi a giocare ogni giorno partite su partite.
Giovanni Toni mi ha insegnato una cosa: se parti a giocare senza basi, cresci con errori di impostazione che, poi, farai fatica a toglierti di dosso. E il maestro fa fatica a farti recuperare le basi.
Eppure la grande trappola del padel ma, ripeto, anche il suo fascino, è la socialità, la partita che si tira dietro l’altra, la “dipendenza” perché è un bel gioco e ti diverti. Il consiglio da principiante che mi sento di dare è una buona alternanza ma con prevalenza di lezioni, non di partite. Diciamo che una buona misura è partire con 80% (di lezioni)/20% (di partite) per poi, crescendo, invertire nel tempo questo rapporto. Purtroppo, amici e compagni di gioco ti possono portare lontano dal vero obiettivo: imparare senza fretta, con basi buone date da un maestro capace.
L’autostima e la zona di apprendimento
Quanto contano le continue sconfitte? Come comportarsi con le prime forti delusioni dovute al cambiamento? Questo è il punto. In zona di stress e, a seguire, in quella di apprendimento, se sei un amatore o principiante, perdi. Questo sport è, poi, tremendo. Per me che vengo dal calcio, l’illusione è pensare che la tenuta atletica, la forma fisica, l’età, il sesso contino qualcosa e facciano la differenza. Inoltre, per chi ha fatto sport di squadra non è da sottovalutare il passaggio del giocare solo in coppia, con un solo compagno. Dinamiche tutte diverse.
Certo sono importanti le condizioni fisiche, ci mancherebbe. La notizia, però, è che basta avere un buon braccio, capire la posizione ed avere una visione strategica del gioco. Nei primi cinque mesi sono andato a sbattere contro giocatori over 70, sovrappeso, ex tennisti del fine settimana, mummie stabili ma iper strategiche, con visione di gioco e del campo da colpi piazzati, ragazzi incapaci e statici che, però, ti piazzavano il colpo con intelligenza. E io muto.
Ho avuto molte sconfitte, anzi ho sempre perso e continuo a farlo. Inizialmente, oltre alla delusione, che rasentava l’umiliazione, c’era anche il forte rischio di perdere di vista l’apprendimento, il miglioramento del colpo, la mia crescita e il mio apprendimento. Con abbassamento e uscita dalla zona autostima!
Pertanto, ho deciso di diminuire in modo significativo le partite tra amici che spesso non ti aiutano a crescere perché giochi con persone di livello (già basso) uguale al tuo o addirittura inferiore. E ho aumentato le lezioni, sono uscito dal trappolone del “solo partite”. E’ uno sport che ti da l’illusione di essere bravo dopo poche partite ma non è così, ti prende molto ma continui ad essere di basso livello.
La zona di sviluppo prossimale e la zona di apprendimento
In questo momento di confusione mentale con sconfitte, miglioramenti zero, crescita bassa, dubbi e i primi segnali di resa, mi è venuto in soccorso Vygotskij. Per alcuni è stato il “Mozart della Psicologia”, per altri solo un grande psicologo e pedagogista sovietico. Per me è stato colui che mi ha fatto conoscere sui libri una cosa fantastica: la Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP).
Nella teoria di Lev Vygotskij la zona di sviluppo prossimale (ZSP) è un concetto fondamentale che serve a spiegare come l’apprendimento del bambino si svolga con l’aiuto degli altri.
La ZSP è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l’aiuto di altre persone, che siano adulti o almeno dei pari, con un livello di competenza maggiore.
Secondo Vygotskij, l’educatore dovrebbe proporre al bambino problemi di livello un po’ superiore alle sue attuali competenze, ma abbastanza semplici da risultargli comprensibili; insomma, all’interno di quell’area in cui il bambino può estendere le sue competenze e risolvere problemi grazie all’aiuto degli altri (la ZSP, appunto).
I tre stadi della zona di sviluppo prossimale
Il progresso attraverso la zona di sviluppo prossimale è stato descritto come una successione di tre stadi:
Stadio 1: in cui la prestazione è controllata da persone più esperte. Prima di riuscire a funzionare indipendentemente, i bambini sono costretti ad affidarsi all’aiuto di altre persone. L’adulto deve dimostrare e guidare, mentre il bambino si limita ad ubbidire e imitare.
Stadio 2: in cui la prestazione è controllata dal bambino. Con il tempo, il bambino si assume la maggior parte della responsabilità di un esito positivo che prima era affidata all’adulto.
Stadio 3: in cui la prestazione è automatizzata. L’esecuzione del compito ora procede senza ostacoli e viene portata avanti dal bambino automaticamente.
So che il buon Vygotskij si rivolterà nella tomba per i miei accostamenti tra il suo pensiero e il padel ma se una cosa la sento dentro, la devo sviluppare. In questi stadi, ho visto i tre passaggi della zona di apprendimento e il viaggio verso la mia zona di crescita, l’ultimo grande anello di Saturno dell’uscita dalla zona di comfort.
Io sono nello stadio 1 della zona di apprendimento cioè sono il bambino che sta imparando. Mi trovo nella fase in cui la mia prestazione è controllata da persone più esperte cioè dal mio maestro. O deve essere controllata da giocatori di padel di un livello superiore. Così sarà possibile passare, per me, agli stadi successivi.
In conclusione della puntata desidero ricordare che lo sport per me è metafora di vita e consente l’utilizzo esperienziale di spunti che ci aiutano a comprendere dinamiche di crescita. Se il fine dello sport è solo passare un’ora e mezza in compagnia facendo movimento (cosa di per sé meravigliosa), questi articoli vi potrebbero annoiare: se, invece, volete dare un senso e un obiettivo al vostro tempo libero e formarvi, ho la speranza che possiate trovare qualcosa di utile. Ci vediamo nella puntata conclusiva, la terza e ultima. Grazie a tutti.
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Lev Semenovic Vygotskij – Wikipedia. Clicca qui
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