“Papà, mi svegli vero?” “Sì, Paolino, ti sveglio io quando scendono in campo!”
No, tu mi dici così ma non mi sveglierai, lo so che andrà così”. “Adesso vai a letto, altrimenti non ti chiamo davvero”.
La minaccia mi sembrò seria, non mi restava altro che obbedire. Era troppo importante per me vedere quella partita e acconsentii. Mio padre fu di parola e alle 23 circa (ora italiana) del 17 giugno 1970 mi chiamò per vedere Italia Germania, la storica semifinale dei mondiali di Mexico ’70.
Avevo sei anni non ancora compiuti. E’ il mio primo ricordo calcistico, probabilmente la partita che determinò il mio amore per il calcio, per lo sport e che mi diede un imprinting sportivo. Per questo alla vigilia di una più modesta Italia-Germania di Nation League che vedrò allo stadio Dall’Ara di Bologna, mi sono tornati alla mente i ricordi fortissimi di tutte le Italia-Germania della mia vita.
Italia-Germania 4 a 3, la partita del secolo
Mentre scrivo, la mente si apre ed altri ricordi affiorano dentro di me. Più o meno, dunque, andò così. “Paolo vai a letto”. “Ma papà voglio vedere la partita!” “Non è possibile, inizia a mezzanotte. Sai il Messico è un paese molto lontano”. “Lo so, papà, la capitale è Città del Messico. L’Italia gioca lì, vero papà? Si, Paolo ma da noi l’inizio è verso mezzanotte. Vai a letto ora, quando sarà il momento proverò a chiamarti.” Andai a letto eccitato e feci fatica a prendere sonno ma alla fine crollai. Mio padre fu di parola, come dicevo, a mezzanotte mi chiamò, in un attimo con gli occhi gonfi di sonno ero davanti al nostro vecchio televisore in bianco e nero.
La prima immagine dello stadio Azteca si impresse nei miei occhi, come rare volte mi è accaduto. Una vista che agli occhi di un bimbo di sei anni, era apparsa come il paese dei balocchi per Pinocchio.
Stavo assistendo alla storia dello sport…
Italia-Germania può a buon diritto, sul piano dell’impatto culturale, essere considerata una delle partite più emozionanti e influenti della storia del calcio professionistico. Amata dalla gente, che rimase incollata ai televisori fino a tarda notte per seguirla, fu un alternarsi continuo di emozioni, sette gol, continui ribaltamenti di gioco.
L’eco dell’avvenimento fu enorme. I tifosi messicani decisero su due piedi di murare una lapide all’esterno dello Stadio Azteca per eternare una partita che aveva esaltato il gusto latino-americano per lo spettacolo e la battaglia. In Italia oltre trenta milioni di appassionati rimasero incollati davanti al video, sebbene fosse mezzanotte passata. Molti andarono a coricarsi, sconsolati, quando il difensore tedesco Schnellinger aprì il fuoco nei tempi supplementari, ma alla rete di Burgnich un urlo lanciato in centinaia di case e l’esito finale della partita spinse migliaia di appassionati nelle strade e nelle piazze…
Per la prima volta vidi mio papà con gli occhi gonfi di emozione, al fischio finale mi prese in braccio, lui che in braccio non mi prendeva poi così spesso o come avrei voluto io. E lo fece strozzando in gola un urlo di gioia perché oramai era notte fonda.
Italia-Germania 3 a1 e nel 1982 diventammo Campioni del Mondo
Nel 1982 avevo 18 anni e, fino ad allora, il mio palmares di tifoso della Nazionale si poteva riassumere così: Italia Campione d’Europa nel 1969 ma non ricordo nulla, troppo piccolo. Italia vice Campione del Mondo nel 1970 (eh sì, la partita del secolo ci costò fatica e in finale con il Brasile di Pelé ne prendemmo quattro).
Dopo dodici anni e tante delusioni nel mezzo, arrivammo in finale di nuovo contro la Germania nel mondiale di Spagna. Tutti eravamo ancora ebbri di gioia per le vittorie contro l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico, Falcao, Socrates, Junior (mamma mia!), poi con la Polonia in semifinale.
Sono sincero, ero sicuro di vincere, nessuno avrebbe potuto fermarci.
Vidi le vittorie contro i sudamericani mentre ero in vacanza in Liguria da amici, poi tornai nella mia città, a Verona per vedere la finale. Maurizio, Paolo, Marco e Roberto, Massimo. Mi organizzai con questi amici la visione della finale, tutti con le bandiere tricolori perché sapevamo dentro di noi (ma non si poteva dire!) che avremmo festeggiato. e così fu.
Una vittoria storica, il mio primo Mondiale
11 Luglio 1982. Eh già, quest’anno ricorrerà il quarantesimo anniversario di quella vittoria. Fu il mio primo mondiale, lo sento ancora oggi come il Mondiale più bello per me, senza nulla togliere agli altri tre e, in particolare, a quello del 2006.
Ancora Paolo Rossi, il tiro dal limite dell’area di Tardelli, il cui urlo di gioia divenne una icona di quei Campionati del Mondo e delle successive avventure della nazionale italiana. Altobelli per il 3-0, seguita dal punto d’onore di Breitner. « Palla al centro per Muller, ferma Scirea, Bergomi, Gentile, evviva è finita! Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo!!! » (Nando Martellini, ancora lui, come nel 1970)
Il bagno nella fontana di Piazza Bra a Verona
Ricordo tutto, l’arbitro brasiliano Coelho che insegue il pallone nelle ultimissime fasi di gioco, fino a ghermirlo e sollevarlo con le braccia in alto mentre emetteva il triplice fischio finale. L’urlo di Tardelli, Zoff che prende la Coppa del Mondo dalle mani del re di Spagna, il Presidente della Repubblica Pertini che esulta con incontenibile entusiasmo a ogni rete degli Azzurri, lasciandosi scappare un “non ci prendono più” dopo il gol del 3-0, e lo stesso Presidente che gioca a scopa in coppia con Zoff contro Causio e Bearzot, durante il viaggio di ritorno in Italia assieme alla Coppa.
E finimmo tutti in piazza Bra a Verona, a fare il bagno nella fontana di fronte all’Arena, in una notte che ancora oggi ricordo come indimenticabile. Finita la festa corsi a casa da mio padre per festeggiare con lui che la vide in casa con mia mamma. Era la nostra personale rivincita dopo la sconfitta di dodici anni prima. Ce l’avevamo fatta, anche lui era troppo piccolo nel 1934 e nel 1938 per ricordare i primi due Campionati del Mondo. Corsi e ricorsi della storia sportiva e non solo.
Italia Germania, 2 a 0 in semifinale, poi di nuovo Campioni del Mondo
Nel 2006 mi trovai di fronte, a 42 anni, ad un’altra Italia-Germania. Mi ero trasferito a Bologna da tanti anni. Quella sera decisi di prendere la macchina e di vedere la partita dove sarebbe capitato. Sì, quella volta lasciai scegliere al caso. Volevo vedere la partita all’aperto e dopo aver girovagato per la città deserta, mi imbattei in un baracchino di gelati pieno di gente, con un maxischermo. Mi fermai lì. Ero sereno e non provavo tensione, stranamente…
Riuscii a godermi la gara con una certa tranquillità. Eppure, quella volta, giocavamo il mondiale da loro, in casa tedesca. Era il 4 luglio 2006. L’Italia, per niente intimorita dai fischi dei 60mila spettatori tedeschi, lottò con grinta e tanta qualità in campo. Finito il tempo regolamentare, finì, però, la mia tranquillità.
Credo che il mio inconscio fosse tornato al 1970, a quei supplementari vissuti con mio padre. Di nuovo over time, di nuovo sofferenza come con mio padre, che nel frattempo se ne era andato per sempre.
Al 13′ il momento di Fabio Grosso: ricevuto il pallone da Pirlo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, il difensore italiano riuscì a trovare uno spiraglio per un tiro angolatissimo, che si insaccò inesorabilmente dove Lehmann non poteva arrivare. Uno a zero.
La Germania tentò di reagire, votandosi all’attacco, ma rimase scoperta: all’ultimo minuto Totti lanciò in contropiede Gilardino il quale fuggì indisturbato e confezionò un delizioso assist per Del Piero che, solo in area di rigore, mise il pallone nuovamente alle spalle di un impotente Lehmann.
Non ci fu tempo neppure di riprendere il gioco: la partita finì e l’Italia conquistò la sua sesta finale mondiale. E io conquistai la mia terza finale mondiale da tifoso. Vincerò, pochi giorni dopo, anche io il mio secondo mondiale, in finale contro la Francia.
Una partita lunga una vita
Dal 1970 al 2006, queste sono le tre storiche partite contro i tedeschi che hanno accompagnato la mia vita. Credo che il coinvolgimento di tutti noi vada oltre il senso sportivo della partita. E lo sappiamo bene.
Stasera andrò a vedere la mia prima Italia Germania dal vivo. Allo stadio Dall’Ara c’è la Nation League, una competizione importante ma non all’altezza delle partite che ho raccontato.
Eppure so che allo Stadio la vivrò come fosse una finale del Mondiale. La nostra squadra non sta vivendo un momento facile. E io in questi casi do il massimo come tifoso, mi schiero sempre con il più debole. Basterà un piccolo episodio, magari un gol e, di colpo, sarò all’Azteca di Città del Messico, al Bernabeu di Madrid o al Westfalenstadion di Dortmund. Proprio come quella notte in cui mi innamorai della Nazionale Italiana, nella braccia di mio papà.
“Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita”
Pier Paolo Pasolini
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